Certo, con la pandemia non è che abbiamo avuto molta scelta. Tra lockdown e restrizioni, il mondo degli eventi o si è fermato o è passato, laddove possibile, agli eventi virtuali.
Non come una scelta, certo, più come quella che potremmo definire una “mancanza di opzioni alternative”. Dove la tipologia di evento lo consentiva senza pregiudicare l’efficacia dell’esperienza e dove non era possibile pensare di mettere tutto in standby fino alla ripresa degli eventi in presenza si sono realizzati eventi online che hanno permesso di scoprire e sperimentare nuove attività, modalità di engagement, formazione e business.
Questo ci ha permesso – sì, a noi insieme a voi – di scoprire anche i punti di forza e di debolezza di questo nuovo sistema, di inventare e progettare, di mettere sotto stress la tecnologia per vedere dove poteva arrivare, di sperimentare soluzioni creative e poi di analizzarne i risultati. Senza preconcetti.
È così che li abbiamo visti: i dati.
Se dovessimo scegliere uno, un solo elemento per il quale gli eventi online sono superiori agli eventi fisici sarebbe questo: producono tanti dati utili.
Lo sapevamo già, almeno in parte. Lo avevamo sperimentato applicando la tecnologia agli eventi fisici e rendendo così semplice ed economico il processo di raccolta di tanti dati utili per fare business con ogni tipo di evento. Citiamo soltanto il controllo accessi, che ha reso disponibile in tempo reale e direttamente sullo smartphone di ogni manager i dati degli ingressi in venue per eventi anche di grandissime dimensioni. Oppure i sistemi di votazione e sondaggio che, creando engagement, allo stesso tempo registrano informazioni preziose per organizzatori, sponsor, espositori.
Ecco, con il passaggio agli eventi virtuali, tutto questo è diventato esponenziale perché tutto, o quasi, è diventato misurabile. Vediamo qualche dettaglio.
1. Perché gli eventi virtuali producono dati
Gli eventi virtuali producono dati perché sono virtuali.
Laddove le componenti dell’evento diventano tecnologiche, quindi, queste diventano automaticamente anche misurabili. Semplificando all’osso potremmo direi che poiché gli 1 e gli 0 del codice informatico si possono contare automaticamente si producono dati, di diverso grado e raffinatezza, che si possono poi usare per prendere decisioni.
Quindi, più tecnologia c’è in un evento e più le sue componenti diventano analizzabili, misurabili, contabili. Non solo, ma laddove si voglia farlo, questi dati non sono solamente prodotti, ma sono accessibili in tempi brevi o in real time, e possono quindi essere letti, studiati e usati come base per definire strategie, tattiche e attività, nell’immediato e nel futuro.
2. Quali dati producono gli eventi virtuali
Gli eventi virtuali misurano quello che vedono. E quello che vedono è molto. Quindi gli eventi virtuali misurano molto.
Gli eventi virtuali permettono di misurare tutte le interazioni che un utente ha con la piattaforma tecnologica che sta usando per fruire dell’evento, sempre che questa è stata progettata ad hoc per questo scopo, ovvio. Possono ad esempio sapere se il partecipante sta seguendo la conferenza o visitando l’area espositiva, se sta esplorando uno stand e come lo sta facendo, se coltiva relazioni attraverso gli strumenti di engagement o se invece non sta facendo proprio niente. Gli eventi virtuali permettono di sapere se un percorso è stato completato o dove è stato abbandonato, se una proposta è stata accolta o no per poter eventualmente chiedere perché o quale sia il problema. Perché certo i dati misurano molto ma non tutto. Misurano cosa si fa ma non come lo si fa. Misurano quanto tempo si ascolta una conferenza ma non se nel frattempo si sta giocando ad un videogioco.
Per questo è importante che la raccolta dei dati che ci si aspetta di ottenere da un evento sia progettata ad hoc per essere effettivamente utile alle informazioni da fornire e alle decisioni da prendere. Solo così infatti si possono anche avere tutti gli alert per mettere in campo le azioni opportune, compresa la richiesta di informazioni aggiuntive per completare il quadro.
Se infatti da una parte bisogna essere molto realisti rispetto alla quantità e qualità dei dati che si possono effettivamente ottenere da ogni tipo di misurazione (ad esempio, si può chiedere di compilare un questionari di valutazione e gradimento, ma non sapremo mai quanto veritiere sono le risposte che vengono fornite), dall’altra se il sistema è stato progettato con attenzione e i dati sono letti oculatamente e tempestivamente, molto si può fare per aumentare il livello di dettaglio delle informazioni anche mettendo in campo strumenti aggiuntivi.
3. Come utilizzare i dati prodotti dagli eventi virtuali per creare valore
Ok ma quindi, raccolti i dati, cosa ne facciamo? La risposta più breve e chiara è, naturalmente, che ci produciamo valore per tutti i nostri clienti. Ci diamo sostanza a quell’acronimo che tanto pervade il linguaggio business: il ROI.
Perché come altro si può misurare il ritorno di un investimento se non con i dati? Ed in particolare con i dati più significativi per ogni, singolo, tipo di pubblico che in qualche modo ha investito nell’evento: dal pubblico che ci ha investito tempo ed energie ai relatori che ci hanno investito competenze e studio, dagli sponsor che ci hanno investito moneta sonante e marchio agli espositori che oltre a questi ci hanno investito in prodotti, servizi, marketing e pubblicità?
Con la giusta progettazione e la giusta piattaforma, un evento virtuale è in grandi di rispondere a tutte le domande più importanti di ognuna di queste persone, e di farlo con dati oggettivi, utili non solo nell’immediato, ma anche per il futuro.
Un bel vantaggio per chi organizza un evento, no?
A proposito, avete già visto cosa SharEvent può fare per rendere i vostri eventi virtuali strumenti di marketing e ROI basati sui dati? Chiamateci e ne parliamo insieme.